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Ecco perché l’informatico italiano non diventa ricco e famoso

Valigetta di soldi dell'informatico ricco e famoso

Hai mai notato che nessuno informatico italiano è così famoso da apparire in TV o da essere menzionato su qualche giornale o rivista non-specializzata? Hai notato che non ci sono esperti in informatica tra gli individui più ricchi del paese?

Cercherò di indagare, da informatico, quindi dal dal mio punto di vista, perché gli informatici non diventano né ricchi né famosi. Anche se qualche eclatante eccezione in realtà c’è, normalmente gli informatici fanno la fame.

È ovvio che mi sto riferendo agli informatici italiani; in altri paesi del mondo industrializzato, gli informatici «di peso» non mancano davvero: Bill Gates (Microsoft), Jeff Bezos (Amazon), Steve Jobs (Apple), Linus Torvalds (Linux), solo per fare qualche esempio tra i più noti. E dalle nostre parti? Niente! Non sono riuscito a trovare un solo nome degno di nota. Aiutami tu, se te ne vene in mente qualcuno.

Ma andiamo per gradi.

Chi è L’informatico Italiano

L’informatico medio nella maggior parte dei casi è giovane, formatosi nelle scuole e/o nelle università italiane (sovente di scarsa qualità); spesso appassionato (più che studioso) di informatica. Egli passa svariate notti a programmare o a far funzionare a dovere l’applicazione XYZ. Molto simile ad un vero e proprio Figlio delle App, di cui ho già avuto modo di parlare tempo fa.

È un tipo sovente piuttosto schivo e riservato, che osserva il mondo che lo circonda con occhio inquisitore; sempre pronto alla critica, ma senza esternare quasi mai i suoi pensieri, o farlo con il contagocce.

Molto spesso l’informatico medio è convinto che, almeno per quello che riguarda il suo lavoro; è circondato da incompetenti che non capisce un accidenti di quello che fa, né riesce a comprendere e quantificare il valore del suo operato.

Nella maggior parte dei casi, l’informatico è un programmatore e come tale è assai allenato a mettere i propri ragionamenti in fila; assegnare loro una priorità ed affrontarli nella giusta sequenza, per trovare una risposta o una soluzione ad un dato problema.

In altri casi l’esperto informatico è un sistemista (o ingegnere di sistemi), il quale si è auto convinto che sia qualche modo affine a Dio; solo per il fatto di padroneggiare il mettere in comunicazione tra loro alcuni elaboratori ed applicazioni;

Chiunque esso sia; deve necessariamente confrontarsi con la situazione generale dell’informatica in Italia e di come questa viene percepita dalle persone comuni, ma soprattutto dalle aziende.

La situazione dell’informatica in Italia

L’Italia è un paese piuttosto sui generis, per quanto riguarda le faccende che hanno a che fare con l’innovazione. Per fare innovazione, servono degli investimenti, delle sovvenzioni (da privati o enti) e delle agevolazioni (anche fiscali); ma pare che siano molto pochi quelli disposti ad investire, a sovvenzionare o ad agevolare. “Rischiare” non fa parte del nostro DNA, né è un termine troppo utilizzato nel nostro vocabolario. Ma questa è un’altra storia.

Le aziende, si sa, se non vogliono soccombere sotto le bordate tirate dagli altri paesi. Devono innovare e devono farlo ad un tasso piuttosto alto, se non vogliono rimanere troppo indietro. Soprattutto perché hanno innanzi tutto bisogno di accorciare il pauroso gap tecnologico che ci separa dagli altri paesi industrializzati.

Queste sono sicuramente belle parole, ma sono solo parole. Il modo in cui le aziende affrontano nella realtà la necessità dell’informatica come mezzo per il successo nel mondo reale, è tutt’altra faccenda.

Nel XXI secolo, si può tranquillamente affermare che tutto è informatizzato, ossia: l’informatica è ovunque. Non credo sia possibile, in questa era, trovare un’azienda che non abbia un (anche se piccolo) settore che si occupi degli aspetti legati all’informatica. Neanche il più piccolo degli artigiani può fare a meno dell’informatica.

L’introduzione delle recenti normative in merito all’uso dei pagamenti elettronici, ha costretto parecchie aziende, mini, micro ed artigiani, a dotarsi di qualche tipo di diavoleria informatica; il tutto, per riscuotere il compenso del loro lavoro. Ed ecco qui che calzolai ed idraulici, imbianchini, falegnami e via dicendo, si sono dovuti avvicinare ob torto collo al magico mondo dell’informatica.

L’informatica ai giorni nostri è dappertutto; non la si può più ignorare. Tuttavia, molte aziende Italiane, guidate da rampanti imprenditori, non sembrano essersi resi ancora conto di tutto questo.

Le Aziende Italiane

Solitamente le aziende italiche sembrano più avvezze al cercare “scappatoie” o l’intrallazzo per sbarcare il lunario e fare fatturato; invece di progettare, pianificare, investire, incentivare, innovare e via dicendo.

La stragrande maggioranza delle aziende italiane sembra avere pochissima voglia di innovare. Sicuramente perché questo ha un costo rilevante; più che altro perché sono veramente poche quelle aziende che fanno una vera ed approfondita analisi dei propri processi interni; ossia, una valutazione effettiva dei costi/benefici di ogni settore aziendale. Se lo facessero, si accorgerebbero immediatamente del grande valore che ha un settore informatico (per minuscolo che sia) per il raggiungimento dei propri obbiettivi.

Come dicevo poc’anzi, mi rendo conto che le aziende italiane devono prima di tutto colmare il Gap che li separa dall’agguerrita concorrenza dei Competitors. Ma quel Gap è tipico di chi è stato seduto per troppo tempo ad osservare le meraviglie costruite da altri, senza fare nulla. Ora quel divario ha assunto proporzioni tali che colmarlo potrebbe essere impresa ardua e altamente costosa. Chissà se qualcuna di quelle aziende si è mai chiesta se ne può davvero valere la pena.

L’imprenditore Italiano

C’è poi il fatto che l’imprenditore medio italiano è fin troppo concentrato sulla velocità con cui fare soldi; piuttosto che sul proprio prodotto e sembra piuttosto riluttante a cercare di capire dove fallisce, piuttosto che chiedersi cosa fare per essere competitivo e migliorarsi.

Una Impresa è in realtà un processo altamente cooperativo, dove ogni elemento è indispensabile per l’obbiettivo finale. Fosse anche solo per produrre feedback verso il management, utile per migliorare l’efficienza complessiva dell’intero processo. È forse questo, l’aspetto che più terrorizza il piccolo/medio imprenditore italiano: dover fare i conti con le proprie capacità manageriali.

L’Italia è il paese delle PMI e soprattutto delle micro imprese. Imprese per lo più a carattere familiare o di 2-3 amici con interessi più o meno comuni. Questo la dice lunga su come l’italiano in media intende per “Impresa”. Ma questa non è un’analisi di mercato. Cerchiamo di andare avanti!

Gli errori tipici dell’Informatico

Si; è vero, le aziende hanno la loro brava fetta di colpa, ma l’informatico non sembra essere da meno. Cerchiamo di capire quali sono gli errori fondamentali che l’esperto informatico solitamente commette, quando è alle dipendenze di un’azienda.

Errore N. 1 – Molta Inconsapevolezza

L’informatico è tipicamente inconsapevole della propria importanza nell’azienda. Non riesce (o forse non vuole) dedicare parte del proprio tempo e delle proprie energie a comprendere la propria posizione all’interno del team. È troppo preso a cercare di far funzionare a dovere questa o quella applicazione; oppure a fare in modo che i backup di sistema avvengano nei tempi schedulati.

Se qualcuno gli chiedesse cosa fa lui per l’azienda, probabilmente non saprebbe che rispondere, o darebbe risposte farfugliate ed incomprensibili. Oppure direbbe candidamente: “Faccio funzionare i computer“. Il ché è del tutto vero, ma mi sembra piuttosto riduttivo, non credi?

Sarebbe come se il direttore amministrativo di una media azienda italiana dicesse che è in azienda per tenere la contabilità. A dire il vero questo sembra più che altro un problema culturale tipicamente italiano di riuscire ad inquadrare con precisione il proprio ruolo nel gruppo.

Nella realtà, il tecnico, responsabile dell’area informatica, non riesce quasi mai a vedere oltre il lato tecnico del proprio ruolo. Non riesce cioè a vedere oltre la tastiera e lo schermo del proprio computer Se gli chiedi: “Cos’è quella palla luminosa lassù nel cielo?”, lui vede il dito e non vede la luna.

  • È inconsapevole che promuovere l’importanza dell’informatica in azienda, spetta proprio a lui; agli informatici.
  • Non è consapevole del fatto che egli non è in azienda semplicemente per occuparsi dei computer.
  • È inconsapevole che il suo atteggiamento, non fa altro che avvalorare negli altri la convinzione che egli è solo un «accessorio aziendale».
  • Non si accorge che studiando così assiduamente il particolare, perde di vista l’insieme.

Errore N. 2 – Poca Consapevolezza

Nel suo trafficare con questo o quel server, l’informatico ha maturato nel tempo alcune consapevolezze, che spesso si dimostrano deleterie. È convinto che si essere immerso in mondo di incompetenti in cui nessuno capisce il suo vero valore. Ciò non fa altro che accrescere la sua frustrazione; tuttavia, non fa nulla per cambiare questa situazione.

Tuttavia è consapevole di alcune cose, anche se non utili alla sua carriera in azienda.

  • È consapevole che è in azienda per risolvere problemi che nessuno capisce, e che comunque solo lui può risolvere.
  • È persuaso del fatto che solo lui ha acquisito le competenze necessarie a gestire il lato tecnico in modo così efficace.
  • È cosciente che «sa di sapere» e sa anche che questo è un campo n cui più sai, più sai di non saperne abbastanza.

Errore N. 3 – Pericolosa Cecità

Ci sono inoltre, cose che «non vede», preso com’è dalla sua ossessione a risolvere problemi tecnici.

Questo «non vedere» porta l’informatico medio a commettere ulteriori banali errori. Questi errori, solitamente non fanno altro che accrescere la sua frustrazione, il suo scontento ed a spingerlo sempre più giù in una spirale ricorsiva negativa.

Ah, se solo riuscisse a vedere le cose da un corretto punto di vista. Ma è cieco!

  • Non vede quanto l’azienda sia produttiva, per effetto del suo lavoro.
  • È cieco nei confronti ciò che lo circonda, è troppo preso dalla soddisfazione che gli proviene dai suoi successi tecnici per guardarsi intorno.
  • Ha poca visione sul fatto che il suo è un ruolo chiave in azienda come i settori Amministrazione, Produzione, Marketing, Acquisti, Vendite e Personale.
  • Non vede oltre il proprio lavoro, è troppo concentrato sugli aspetti tecnici e non fa nulla per valorizzare la propria posizione in azienda.
  • Non percepisce che il suo valore è un bene prezioso che sta sul mercato.

Gli errori tipici delle Aziende

Ovviamente, anche le aziende commettono i loro bravi errori madornali, in merito alla loro percezione di coloro che lavorano nel settore informatico.

È chiaro che mi sto riferendo a quelle aziende nelle quali il settore Information Technology non è il proprio Core Business.

Molte aziende sono così concentrate sul proprio Core Business e sui ruoli ad esso direttamente utile che tendono a perdere facilmente la «visione d’insieme»; più spesso di quanto si possa immaginare. Scartano a priori l’importanza di alcuni settori cruciali, solo per il fatto che questi non partecipano direttamente profitto.

Dimenticano,  in altre parole, che ai profitti dell’azienda partecipano tutti i settori e tutti gli individui: Chi più chi meno. Per fare un esempio; se chi si occupa della pulizia degli uffici non fosse efficiente, tutti si troverebbero a lavorare a disagio nell’ambiente di lavoro. Allo stesso modo, se i PC o i server non funzionassero in modo efficace, tutti ne sarebbero scontenti; con la logica conseguenza che l livello produttivo di questo o quel settore, sarebbe certamente più basso.

L’informatico incomprensibile

Quindi, mi sembra ormai assodato che anche le aziende commettono i loro errori. Ma quali sono quelli più comuni, nei confronti dell’informatico ? Cosa pensano di questo oscuro individuo ?

  • Gli informatici non hanno alcuna reale importanza strategica; più che altro sono un «male necessario».
  • Gli informatici sono semplici tecnici, come meccanici, elettricisti e idraulici. Importanti, ma intercambiabili e possono essere esternalizzati.
  • L’informatico è un soggetto problematico, egocentrico, ossessivo-compulsivo; difficile da integrare nei processi interni aziendali.
  • L’informatico fa cose che nessuno capisce, però tutto funziona. Forse è inutile.
  • Il settore IT (Information Technology) è solo un costo puro. non partecipa in alcun modo al fatturato aziendale.

E questo solo per quello che riguarda gli aspetti generali.

La tecnologia ha costi difficili da giustificare

Ci sono inoltre parecchi aspetti specifici che l’azienda solitamente fatica a comprendere:

  • L’informatico mi suggerisce di portare  la Availability dal 99.640% al 99.992%. Non so che vuol dire, ma qui pare funzioni tutto perfettamente.
  • L’informatico mi chiede di comprare un altro Firewall per aumentare la sicurezza. Ma a chi vuoi che interessino i nostri dati aziendali.
  • Il responsabile IT, mi chiede di spendere dei soldi per fare corsi sul Data Management. Non capisco per quale motivo.
  • Il tecnico informatico dice che deve aggiornare la licenza del server della contabilità. Sono solo costi; non serve a niente!
  • Il Web Manager, vuole perdere tempo ad implementare uno straccio di SEO nel nostro sito web. Se è proprio necessario lo farò fare a quel mio amico…

La lista potrebbe andare avanti con almeno altri 10-15 punti importanti, ma mi fermo qui. Ho troppa compassione per i manager aziendali, per infierire oltre.

Un futuro tutto Informatico

L’informatica, si sa si sta facendo largo in tutti i settori, anche quelli della nostra vita quotidiana. Le aziende dovrebbero dimostrare di avere più fiuto, su questi particolari aspetti. Soprattutto ci si aspetterebbe che i manager fossero più consapevoli di cosa l’informatica può fare per loro; invece di fare le fusa agli aspetti esteriori della tecnologia.

L’informatica ed il suo aspetto esteriore, di interfaccia verso il mondo degli umani, sta portando innovazioni inimmaginabili, fino a pochi decenni fa. Lo sta facendo con una accelerazione impensabile. Sarà pervasiva. Nel breve/medio termine, ogni oggetto conterrà al suo interno, un nucleo informatico.

  • Le nostre case saranno presto governate dal IoT (Internet of Things). Frigoriferi, lavatrici, termostati, antifurto ed altre diavolerie saranno “intelligenti”.
  • Tutti i documenti saranno digitali; la carta sparirà e tutte le informazioni che ci servono staranno in uno schermo.
  • La Realtà Aumentata e la Realtà Virtuale, ci metterà in condizioni di manipolare qualsiasi oggetto, anche a distanza.
  • L’immensa quantità di dati prodotti dalla informatizzazione e dal Big Data, dovrà essere gestito e dominato.

Solo per citare alcuni macro esempi.

Quindi, in uno degli scenari possibili, potrebbe essere:

  • Il meccanico sotto casa dovrà essere pronto ad utilizzare gli strumenti informatici per il proprio lavoro.
  • L’artigiano opererà con strumenti per semplificare i pagamenti e riscossioni, scontrini, contabilità, magazzini (carico/scarico).
  • Noi tutti dovremmo imparare a convivere con nuove tecnologie e strumenti informatici in genere

E via di questo passo.

Cosa c’è nel futuro per il povero informatico italiano?

Con il quadro appena abbozzato, direi che per l’informatico tutto questo non può che essere visto come La Terra Promessa. Lo aspetta un gran bel mucchio di settori dove il suo apporto è sicuramente cruciale, oltre che inevitabile.

Se sarà abbastanza astuto da evitare gli errori menzionati più sopra, avrà sicuramente un futuro migliore. Non diventerà straricco, ma il suo compenso sarà più onorevole e dignitoso di quello odierno e soprattutto, in linea con quello dei suoi pari, negli altri paesi industrializzati.

Non credo che diventerà mai famoso, almeno non nel senso di “Glamour”. Inoltre, non ce lo vedo proprio un informatico italico sulla copertina di Forbes o di Rolling Stone. Diciamocelo francamente: l’informatico è troppo razionale e “terreno” per questo genere di cose, ma che importa! La fama è un vezzo. Tuttalpiù  potrà diventare un po’ più noto nel web, quello ristretto al suo specifico campo d’influenza e competenza.

Conclusioni

So di essere stato piuttosto impietoso, crudo, irriverente e sfacciato, soprattutto con le aziende ed i loro vertici. Anche se ci sono andato giù pesante, sono convinto che nessuno si sentirà offeso. So di aver detto qualche dolorosa verità, ma so anche che l’informatico saprà accettarla di buon grado e farne tesoro, mentre le aziende… Beh, facciano un po’ loro! Si, sono convinto che se si impegnano un po’, possono anche migliorare.

Mi sono preso la briga di affrontare questo spinoso argomento, perché mi ero riproposto di portare in superficie alcuni degli errori più comuni che commettono sia le aziende che gli informatici. Argomento di cui si parla poco, troppo poco e spesso sottovoce.

Non posso dire a priori se questo mio modesto approfondimento sarà utile a qualche azienda o a qualche informatico. Mi auguro più che altro che sia stato utile a stimolare qualche riflessione più seria e razionale su entrambe le sponde.

Per le aziende: a prendere atto che dovrebbero essere più oculate nella gestione (e valorizzazione) delle proprie risorse interne. Per gli informatici: per capire che non possono continuare a vivere in un ecosistema privato, chiuso ed isolato dal mondo esterno.

Chissà; magari questa chiacchierata è stata utile a qualche informatico.

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