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Coronavirus: Cosa abbiamo imparato?

Imparare dal COVID-19

La recente pandemia da Coronavirus SARS CoV-2 ci ha insegnato molte più cose di quello che ci saremmo mai potuti aspettare di imparare da un evento tanto inatteso quanto devastante.

Frastornati e disorientati dal caos generato dall’enorme mole di rapidi cambiamenti introdotti dai governi centrali per arginare il dilagare della pandemia, ci siamo interrogati su come far fronte all’evento, basandoci anche sulle nostre proprie capacità di adattamento.

Dapprima abbiamo compreso che che il nostro quotidiano stava cambiando radicalmente a causa del virus, e lo stava facendo ad una velocità mai sperimentata prima.

Poi alcuni di noi hanno cominciato a chiedersi se c’era una lezione da imparare, in tutto questo. Se guardandoci intorno, oltre a noi stessi, ci fosse qualcos’altro di diverso di cui osservare il cambiamento e trarne un qualche tipo di lezione.

Mentre l’introduzione del Lock Down ci imponeva di restare chiusi nelle nostre case e limitare drasticamente i contatti sociali, il mondo intono a noi cambiava.

E questo ha contribuito non poco ad acuire il nostro spirito di osservazione, spingendoci ad osservare dettagli la cui importanza era quasi sempre rimasta ai margini del nostro interesse.

Il silenzio esiste davvero

Abbiamo imparato che il silenzio, quello vero, esiste davvero.

In passato non avevamo fatto mai molto caso ai suoni prodotti dalla nostra città, ci eravamo talmente abituati ad essi che inconsciamente riuscivamo a cancellarli, dall’ininterrotto flusso di suoni e rumori che ci raggiunge costantemente.

Strade e città silenziose

Durante i periodi di Lock-Down per tentare di contrastare l’avanzata del coronavirus, le nostre metropoli sono diventate stranamente silenziose e deserte come forse mai prima d’ora. Città vuote, quindi, dall’inquietante aspetto spettrale. Ma anche insolitamente silenziose; prive cioè dei suoni e dei rumori che normalmente una città produce a tutte le ore del giorno e della notte.

Che si tratti del rumore metallico dei tram, o quello ruvido dei motori delle macchine che sfrecciano sotto la nostra finestra, o dell’ondulato vociare della folla al mercato rionale; oppure della tagliente sirena dei pompieri, c’è sempre un qualche tipo di rumore che riempie ogni interstizio delle nostre giornate.

Ma non è tanto l’assenza di quel rumore primario, quello che riusciamo a riconoscere per quanto fastidioso ed al contempo familiare. La cosa più impressionante è la quasi totale assenza di quel brusio di sottofondo che costantemente pervade le nostre città, senza che neppure ce ne accorgiamo.

È il rumore di fondo delle nostre città, il grande assente. Quel sottile rumore dal colore indefinito, che potrebbe tecnicamente essere assimilato al rumore bianco, che fa da colonna sonora alla nostra quotidianità.

Fa un certo effetto protendere l’orecchio fuori dal balcone a cercare quel rumore di fondo così familiare, ma che ora non c’è più.

La nostra casa è il posto più accogliente che c’è

A causa del coronavirus abbiamo riscoperto la casa come il luogo dove vivere le nostre intere giornate; la casa, non solo come mero contenitore di cose e persone o come riparo dagli agenti atmosferici.

La casa accogliente

Passando più tempo nella nostra casa, abbiamo riscoperto la musica, la lettura e l’arte in genere.

Abbiamo tolto la polvere accumulata in anni su alcuni vecchi vinili ed ascoltato con rinnovato piacere la musica che ascoltavamo alcuni anni fa, della quale avevamo quasi dimenticato l’esistenza.

Ma abbiamo anche avuto modo e tempo per riscoprire il puro e semplice piacere di stare in casa; nella nostra casa. Quel luogo così ricco di dettagli della nostra vita che sono stati accatastati negli anni, con la promessa, fatta a noi stessi, che un giorno li avremmo rimessi in ordine, ma che non abbiamo mai avuto il tempo di farlo realmente.

Con sorpresa abbiamo riscoperto la casa, come il luogo da condividere con i nostri cari e dello stare insieme.

La tecnologia non fa più tanta paura

Ci siamo resi conto, nel giro di pochi giorni, che per alcune categorie di lavoro non è poi così indispensabile andare in ufficio. Da casa possiamo fare quasi tutto quello che normalmente si fa sul luogo di lavoro: gestire progetti, fare riunioni, gestire il personale e molto altro ancora.

Gli anziani e la tecnologia

Ma il dato che stupisce di più e che sorprende non poco è come i più anziani, tra l’altro più a rischio contagio, hanno mostrato interesse alle nuove tecnologie.

Si sa, che nonna Giovanna ha bisogno di vedere i nipotini di tanto in tanto, e non solo per spezzare la solitudine alla quale è stata costretta. Non potendo però l’anziano uscire di casa ha iniziato di buon grado, seppur con qualche sforzo, ad usare quell’applicazione per smartphone tanto famosa che permette di fare qualche conversazione audio e video per rimanere in contatto, anche se virtuale, con gli amati nipotini.

Persino la scuola si è adeguata in fretta. Le lezioni possono essere fatte da casa. Anche gli esami, che finora erano rigidamente legati alla presenza fisica di alunni ed insegnanti nello stesso luogo, hanno iniziato ad essere flessibili. Con le dovute cautele e ed i giusti prerequisiti, si possono ora fare anche in remoto, fruttano al massimo ciò che di meglio l’attuale tecnologia rende possibile.

È pur vero che nel nostro pese nel 2019 c’erano ancora 4 famiglie su 10 che non avevano un collegamento ad internet come si deve. E che tra quelle famiglie che oggi ce l’hanno, non è ben chiaro quanti di quei collegamenti internet siano effettivamente all’altezza dei requisiti tecnici necessari per il lavoro agile. Ma sembra che a causa del coronavirus abbiamo imparato anche questa lezione e ci stiamo attrezzando all’occorrenza.

Gli altri ci osservano

Mai come nel periodo di massima diffusione del coronavirus nel nostro paese, abbiamo avuto la così chiara percezione che il mondo intero avesse gli occhi puntati su di noi. Un po’ per la paura del virus stesso, ma un po’ anche, diciamolo, per un qualche tipo di ammirazione nei nostri confronti.

L'Italia sotto la lente

Pochi si sarebbero aspettati che un paese da sempre dipinto come un’accozzaglia di analfabeti tecnologici fannulloni, furbacchioni, mammoni e scansafatiche sarebbe stato in grado di far fronte all’evento pandemico di portata globale che ha investito l’intero pianeta. Eppure eccoci qua.

Abbiamo fatto fronte alla pandemia da COVID-19 con un grado di preparazione inaspettatamente superlativo; insospettabile. Mettendo in campo tutto quello che sappiamo fare meglio.

Anche se sono certo qualcuno potrebbe non condividere questa mia affermazione, è indubbio che abbiamo messo in campo un metodo; un approccio sistematico alla gestione dell’emergenza coronavirus. Ci siamo accorti quasi con sorpresa di avere uomini e donne autorevoli con ruoli ben precisi, al posto giusto nel momento giusto.

Fatta qualche doverosa eccezione, anche alcuni membri del nostro governo centrale hanno saputo in qualche modo fare la loro parte con dedizione e spirito costruttivo, riuscendo ad organizzare e strutturare azioni mirate, come non se ne vedevano da 40 anni a questa parte.

Non è poca cosa che il mondo intero abbia espresso solidarietà all’Italia nei momenti di maggiore difficoltà, illuminando con i colori della nostra bandiera il propri simboli e monumenti nazionali. Un gesto di amicizia che ci fa sentire un po’ meno soli.

Forse domani, me lo auguro, parleremo con toni un po’ più lusinghieri del nostro paese e del nostro popolo; saremo meno portati (come spesso succede) a pensare a noi stessi come ad una sgangherata nazione.

Abbiamo cuore e coraggio da vendere

Siamo sempre andati fieri del nostro modo di mettere sempre in priorità più alta la difesa della vita umana, gli aspetti sociali e di cuore, questo lo sapevamo già.

In fondo siamo sempre quel popolo di eroi, poeti, santi, pensatori, navigatori e trasmigratori che la storia racconta di noi e che abbiamo sempre saputo di essere.

Eroi, Poeti e Santi.

Senza ombra di dubbio, ora possiamo a ragione dire di noi di essere anche un popolo di altruisti, coraggiosi e creativi.

La situazione critica che si è venuta a creare a seguito della la pandemia a coronavirus ci ha ricordato che per indole siamo capaci di grandi gesti di altruismo genuinamente gratuito nei confronti di chiunque si trovi in difficoltà. Quel “chiunque” che solo fino a pochi mesi fa guardavamo con sospetto e per il quale non avremmo mosso un dito.

Ma siamo anche un popolo cui certo non manca la creatività. Coinvolgere interi quartieri a suonare e cantare dal proprio balcone di casa, non l’avevamo mai visto fare. Eppure lo abbiamo fatto. Un gesto bizzarro ed al contempo coinvolgente che è diventato presto virale in quasi tutto il mondo.

Da Parigi a Madrid a New York, dal nostro esempio, tutti hanno iniziato a cantare e suonare dal proprio balcone; una sorta di rito apotropaico, anch’esso globalizzato, che riemerge dal nostro patrimonio memetico di quando la caverna era la nostra casa, per esorcizzare la paura del virus ed il virus stesso.

Sappiamo rispettare le regole

Sappiamo anche rispettare le regole, e questo ci ha sorpreso. Certo, il nostro sport preferito rimane sempre l’auto-denigrazione, del nostro popolo, del nostro paese e del nostro modo di fare. Ma in tutto il trambusto causato dal coronavirus, abbiamo più che mai dimostrato di saperci dare delle regole, per dure che esse possano essere, e che sappiamo anche inaspettatamente rispettarle.

Rispettare le regole

Abbiamo riscoperto regole e disciplina, ossia qualcosa cui non eravamo più abituati a vedere in in noi stessi e nelle persone che ci circondano.

Eppure, seppur con qualche discutibile eccezione, ci siamo fin da subito resi conto che la tendenza generale era quella dello scrupoloso rispetto delle regole comuni. Il rispetto cioè di quelle regole dettate dal selezionato gruppo di esperti del Comitato Tecnico Scientifico del Ministero della Salute, opportunamente filtrato e promulgato dl governo centrale.

Questo è davvero un fatto nuovo, che piacevolmente mi sorprende.

Conclusioni

Da quando è iniziata la pandemia da coronavirus è stato detto più o meno tutto ed il contrario di tutto.

I giornali ed i notiziari hanno fatto a gara nel riportare le informazioni più dolorose degli spetti della pandemia, spesso enfatizzando anche i risvolti più macabri. Affondando la lama del reporter finanche nelle questioni più personali ed intime degli individui; troppo spesso provocando ancor più dolore del dovuto.

Ma l’evento pandemico, scatenato dal virus SARS CoV-2, ci ha anche fatto riflettere su alcuni aspetti non del tutto negativi, che impattano direttamente sul nostro quotidiano.

Ed è su questi aspetti, che credo dovremmo fare leva per rendere più solido ed inattaccabile il nostro sistema immunitario sociale.

Quel sistema di anticorpi che ci cautela contro quegli eventi avversi che potrebbero attaccare, indebolire e sfaldare la nostra società, facendola irrimediabilmente regredire ad uno stadio primordiale ed imprevedibile.

Dovremmo fare tesoro di ciò che abbiamo imparato e non disperderlo da stolti, come siamo per altro soliti fare.

Il coronavirus ci ha insegnato che si può imparare qualcosa anche da eventi avversi.

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