Ebbene, doveva succedere. Ce lo aspettavamo tutti, sapevamo che presto o tardi sarebbe successo: un uomo di 90 anni, malato da tempo, non sarebbe durato a lungo.
Con lui si chiude definitivamente un’era; forse è proprio vero, come dice qualcuno, che con la morte di Fidel Castro finisce il Novecento. Finisce davvero, portandosi via anche un pezzetto di tutti noi, Baby Boomers (non solo americani) che abbiamo vissuto in un’era segnata da feroci contrapposizioni, da ideologie pervasive, da grandi speranze, ma anche da clamorosi errori, da ignobili guerre e da dolorose delusioni. Chissà se siamo stati capaci almeno di imparare qualcosa da tutto questo.
I TG di queste ore ci hanno mostrato le lacrime di alcuni e la felicità di altri. Non credo sia questo né il luogo né il momento per per gioire o per disperarsi pubblicamente, ognuno di noi lo può fare discretamente nel proprio intimo. Non esprimerò quindi qui una mia vera e propria opinione sull’evento in se o sulla persona, è mio desiderio solo sottolineare che se n’è andato un uomo che, nel bene o nel male, ha lasciato una sua impronta indelebile nella storia. Forse davvero la storia lo assolverà, come disse in un suo celebre discorso, ma se non lo assolverà, di sicuro lo comprenderà e saprà giudicare con pacato equilibrio sia la persona che il suo operato. Perché la storia, in fin dei conti, non mente mai.
Addio Fidel.
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Si è vero, se ne è andato un pezzo di storia